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La storia di Starbucks

Il Caffè, non solo la bevanda preferita e iconica degli italiani, è il tocco fast che da inizio alle nostre mattine e che ci accompagna sempre durante l’arco della giornata, a lavoro, a scuola, all’università, luoghi in cui la domanda “pausa caffè?” è di rito.

Chi è che non ama entrare in una caffetteria e farsi cullare dall’aroma dolce del caffè? Starbucks ha fatto di ciò un business che piano piano ha preso rilevanza internazionale.

Com’è nato Starbucks

Il primo negozio, che possiamo definire l’embrione di Starbucks, nasce nel 1971 a Seattle dietro l’idea di tre studenti universitari. Inizialmente era un retailer di caffè in chicchi interi non macinati ed i soli caffè preparati erano degli omaggiati per far assaggiare i vari tipi di caffè ai clienti, un’attività ben lontana da quella che conosciamo oggi.

Nel 1982, arriva la svolta, Howard Schultz, colui che oggi è lo storico amministratore delegato, entra come responsabile marketing e vendite, dopo ben 12 mesi in cui cercava di convincere i tre ragazzi a farlo introdurre in società.

Con Howard il giro di clienti si amplia e cominciano a vendere caffè sia a bar che a ristoranti.

Howard si innamorò del “modo di prendere il caffè” italiano tanto che nel 1984 convinse i tre soci a una coffeehouse per testare se il “bar italiano” potesse essere inserito in un contesto americano.

Il test andò a buon fine e solo un anno dopo Howard, senza l’aiuto dei tre soci che non volevano investire di nuovo, fondò “Il Giornale” il vero e proprio prototipo di Starbucks.

Solo nel 1987 riacquisì Starbucks e da lì iniziò una carriera fatta di crescita e soddisfazioni.

Starbucks dal fallimento al successo

Nel 2000, dopo ben 13 anni di attività, lascia la guida del gruppo come CEO. Senza di lui l’azienda ha subito un leggerissimo declino tanto che proprio Howard non riconosceva più nell’azienda i valori per cui l’aveva creata.

Negli anni successivi la concorrenza si è fatta sentire molto, alcuni feedback dei clienti dichiaravano che il caffè di McDonald’s fosse migliore di quello di Starbucks, cosa inaccettabile per l’impresa.

Howard entrava nei punti vendita e non sentiva più quel contatto con il cliente che rendeva Starbucks unico e per questo malcontento nel 2008 riprese le redini dell’impresa.

Questo ci fa capire quanto Howard fosse innamorato del suo progetto, della sua azienda, e che per essere un imprenditore di successo non basta solo avere quell’intuizione in più, che ti possa far emergere, ma serve tanta dedizione e passione per creare un qualcosa duraturo nel tempo e che entri nel cuore dei clienti.

Purtroppo, nel 2017 ha lasciato nuovamente il posto di CEO. Nel 2019 alcuni rumors lo vedevano come candidato indipendente alle presidenziali americane nel 2020, ma ancora non ci sono novità a riguardo.

Starbucks e la strategy che c’è ma non si vede

Città che visiti, Starbucks che incontri. Ormai è una meta indispensabile durante un viaggio city-sightseeing, come può essere ad esempio Hard Rock che con le sue maglie ha creato, oltre che una strategia di marketing, un bel souvenir da portarsi a casa.

Il logo di Starbucks, la sirena con due code, antica xilografia norrena del sedicesimo secolo, attraente come l’aroma di un buon caffè, è entrata almeno una volta nelle nostre insta-stories.

Il logo verde non è solo il simbolo dell’azienda ma anche la strategy principale. Infatti, il punto forte dell’advertising sono i clienti, che portando tutti i giorni con sè l’iconico bicchiere con il logo, sono fonte di una massiccia pubblicità implicita.

Immaginate 2 miliardi di persone all’anno camminano per la strada con la propria tazza di caffè in mano mostrando il logo verde, non c’è pubblicità migliore di questa.

Non per niente l’azienda fino a qualche anno fa era advertising-free, invece adesso possiamo trovare spot sia in tv, nei media e nei digital channel, nel 2015 investì circa $351milioni in pubblicità.

Starbucks, inoltre, è molto attiva sui social, su Instagram conta 18 milioni di follower e la pagina è sempre aggiornata sulle novità che offre. Sul profilo sono presenti moltissimi re-post dei clienti.

Starbucks ha sempre avuto un occhio di riguardo per loro mettendoli al primo posto e cercando di farli sentire a casa ogni volta che entrano in negozio.

Per questo, dopo l’ordine, il barista chiede il nome al cliente e lo scrive sul bicchiere, un forte messaggio di accuratezza nei dettagli e di customer-care che arriva dritto alla clientela.

Starbucks Reserve Roastery experience

Nel dicembre 2014 Starbucks aprì il primo Reserve Roastery Store a Seattle, poi a Shanghai, nel settembre 2018 a Milano, seguita da New York, Tokyo e Chicago.

Lo Starbucks Reserve è un vero e proprio laboratorio in cui vengono lavorati e tostati i chicchi di caffè, che vengono mandati direttamente al banco, attraverso tubi di rame, dove un team esperto e formato dall’azienda prepara il prodotto e soddisfa al meglio il consumatore, oppure insacchettati e destinati ad approvvigionare altri negozi Starbucks.

Insomma, un autentico coffeehouse dove il cliente si può sedere ed assaporare un ampio range di buonissimo caffè e comprare i chicchi sfusi appena lavorati.

Lo Starbucks Reserve Roastery si può considerare una tappa da fare durante un soggiorno a Milano, grande 2.300 metri quadri, è situato nell’antico palazzo delle poste, dopo essere stato quello della Borsa, in Piazza Cordusio.

Un posto magico dove essere coccolati da un buon caffè con il suono dei chicchi in fase di lavorazione in sottofondo.